SOS – antibiotici…

-Dottoressa, passo a prendere la ricetta per l’antibiotico: stamattina il bambino aveva la febbre ed ho iniziato la cura… devo ripristinare la scorta…
-Ma a quanto era arrivata la febbre? Da quanti giorni è malato?
-Massì, gliel’ho detto: la febbre c’è da stamattina, ha 37.3, ma poi si sa: la bronchite arriva sempre…

-Dottoressa, la scorsa settimana ho dato al piccolo l’antibiotico, sì, quello lì con la scatola così e cosà, ma adesso ha ancora la febbre: mi sa che mi deve prescrivere quell’altro… quello con la scatola così e cosò… siamo alle solite…
-Ma da quando è malato, il bambino? Come mai non ci siamo sentite? Lo ha visto un Collega della Guardia Medica?
-No, no, per carità: non ho tempo da perdere per andare fino a… dieci giorni fa, ha iniziato con il solito 37.5 e, dopo sei ore e due supposte di paracetamolo, visto che non passava, sono partita con la solita cura e l’ho fatta per sette giorni. Stamattina, però, la febbre è ripartita: adesso ha 37.8 e se non gli do l’altro antibiotico, non ce la caviamo più. Guardi nello schedario della dottoressa, così mi prepara la ricetta e passo a prenderla nel pomeriggio….

Dialoghi surreali – purtroppo veri, verissimi – risalenti a quando, giovane medico neolaureato, facevo le mie prime “sostituzioni”, sostituzioni di Colleghi più anziani, Medici di Base o Pediatri.
A qualche Mamma avevo anche cercato di spiegare – ovviamente senza troppo successo – che non aveva senso “partire con l’antibiotico” solo perché il bambino aveva qualche linea di febbre: niente da fare! Secondo le mie interlocutrici, “la titolare” agiva in maniera diversa: non negava mai la “copertura antibiotica” ad un “povero bambino malato”, la cui “povera mamma” doveva lavorare…

Una mamma, due mamme… cinque mamme in una sola mattinata di “reperibilità telefonica”.
Una parola in favore dell’attesa, del non-antibiotico al primo rialzo termico, un  tentativo di spiegazione, una discussione: niente da fare! “la titolare” agiva diversamente: ”salvava” mamme lavoratrici dalla terribile calamità d’un figlio malato distribuendo antibiotici “a pioggia”, fornendo “coperture antibiotiche” in tempo d’epidemia d’influenza (notoriamente virale e quindi NON responsiva agli antibiotici)…
Mamme esagerate, che approfittavano della presenza d’una sostituta per “riempire l’armadio”? Pediatre abituate a distribuire gli antibiotici per ogni nonnulla?
Non lo so: per quanto abbia cercato di “sondare” la Collega in questione, non sono mai riuscita a capire come andassero veramente le cose…

Dopo qualche giorno, comunque, rinunciai a discutere, a proporre un antipiretico al posto dell’antibiotico (all’epoca, per me, l’Omeopatia era di là da venire…), a suggerire qualche giorno di riposo a casa, al caldo.

Gettai la spugna, prescrivendo il meno possibile, giusto per togliermi di torno questi “ronzii fastidiosi”, sperando di potere un giorno avere un rapporto diverso con le persone, sognando di poter spiegare alla gente che gli antibiotici sono degli ottimi farmaci, ma che non sono una “panacea universale”.

Sono trascorsi parecchi anni, sono passata attraverso molteplici esperienze: adesso, tante Mamme si rivolgono a me in preda alla disperazione, stanche di rimpinzare i loro figlioli con pillole e pasticche, figlioli che ammalano sempre più spesso, riducendo – a mano a mano – gli “intervalli liberi” fra un antibiotico e l’altro.
A proposito di “intervalli”…
Ad intervalli più o meno regolari, il Ministero della Sanità ammonisce noi medici perché, abusando degli antibiotici, stiamo creando dei batteri fortissimi, resistenti a tutto e, soprattutto, a tutti i più comuni antibiotici. Forti. Robusti. Praticamente invincibili. Come Hulk.

L’ultimo numero di “Verona Medica”, la rivista bimestrale dell’Ordine dei Medici di Verona, riporta un articolo di Elisa Pasetto, che ha intervistato il Professor Concia, Direttore della Scuola di Malattie Infettive di Verona e dell’omonimo reparto di degenza. È un articolo agghiacciante.

Il testo cita lo slogan coniato nel 2010 dall’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco – per sensibilizzare all’uso corretto degli antibiotici: “Difendi la tua difesa”.

Il senso dell’articolo-intervista al Professor Concia? Semplice: avanti di questo passo, “la medicina rischia di essere vanificata da infezioni che non saremo più in grado di controllare”.

Qualche esempio? Un intervento di appendicectomia, che, per quanto banale, salva la vita di tanti pazienti evitando una peritonite, un’ernia strozzata, sicuramente mortale se non si sistema chirurgicamente o non si autorisolve (evento praticamente impossibile), un cesareo per presentazione anomala del bambino…. tutti questi interventi possono essere complicati da un’infezione batterica e se l’antibiotico non è più efficace…

Pensiamo anche ad un trapianto d’organo, di cuore, per esempio.
Il Paziente, in genere, arriva sotto i ferri del Chirurgo già indebolito dalla patologia che ha reso necessario il trapianto stesso, l’intervento chirurgico, dal canto suo, non è – sicuramente – una bazzecola e, in più, dopo essere stato operato, per evitare che il suo organismo, riconoscendo come “non-suo” il cuore trapiantato, cerchi di sbarazzarsene, il malcapitato deve essere sottoposto ad una terapia anti-rigetto.
I farmaci che bloccano il sistema immunitario – e che i trapiantati devono prendere per tutta la vita – hanno un piccolo, terribile difetto: bloccano il sistema immunitario!
Già, oltre a impedire una “rispostaccia” maleducata, che porterebbe a morte il Paziente, i farmaci immunosoppressori inibiscono anche moltissime “risposte di difesa”, tese a impedire che virus e batteri diano infezioni inarrestabili, e, quindi, mortali.
Qualcuno potrebbe anche chiedersi dove stia il problema: in fondo, basta evitare le contaminazioni…
Certo, semplicissimo, peccato sia più semplice a dirsi che a farsi: nel nostro intestino, infatti, vive un numero di batteri pari a dieci volte il numero di cellule che compongono il nostro intero organismo (e non parliamo dei funghi, candide ed affini, che vivono accanto a loro).
Una quantità enorme di microbi, di microrganismi con i quali conviviamo e che contribuiscono alla nostra digestione ed al nostro benessere; un esercito di piccolissimi soldatini, che, se si svegliano con le paturnie e la luna storta, possono diventare patogeni, trasformandosi da aiutanti/conviventi pacifici in aggressori spietati. Al momento, se questo “cambiamento d’umore” (e le relative conseguenze) si verifica, possiamo intervenire con la terapia antibiotica adeguata, sedare la rivolta, sterminare gli aggressori e riportare la pace.

Al momento.

E per quanto tempo ancora?

Ogni volta che introduciamo una “copertura antibiotica” non necessaria, magari per un’infezione da virus, uccidiamo una parte dei batteri che compongono la nostra stessa flora intestinale, mettendo in una posizione privilegiata quel pugno di microrganismi che, per un qualche motivo, sono portatori di un “fago” speciale, di un frammento di materiale genetico che consente loro di fabbricare una sorta di corazza, che li rende invincibili, inattaccabili dagli antibiotici.
Non è difficile immaginare uno scenario in cui pochi, superdotati sopravvissuti scambiano il preziosissimo materiale genetico che dà resistenza con altri microrganismi, rendendo, poco per volta, “resistente” ad un certo antibiotico tutta una popolazione.
Terribile.

Spesso, sono i Pazienti stessi a chiedere l’antibiotico, addirittura a pretenderlo, come è successo a me, quando lavoravo sostituendo Colleghi più anziani.
Negli anni, però, mi sono accorta che quegli stessi Pazienti sono restii a prendere il dosaggio pieno per il periodo prescritto: “Dottoressa, ma non è un po’ troppo? Tre compresse al giorno per cinque giorni? Il bambino ha la febbre ed un po’ di raffreddore da ieri: io ‘parto’ con l’antibiotico, ma se gli escono le macchie della VI malattia… beh, insomma, smetto anche… sa, tutti ‘sti antibiotici…non è che facciano così bene!”.

Che rispondere  a tanta, incrollabile ed inossidabile fiducia nelle capacità taumaturgiche degli Antibiotici ed a tanta incontenibile ed indistruttibile paura dei loro possibili “effetti negativi”?

È difficile, molto difficile dare una risposta che sia, al tempo stesso, rigorosamente scientifica e comprensibile a tutti, anche a chi, espertissimo di motori, di ponti o di restauri, non sa assolutamente niente delle leggi biologiche che regolano l’esistenza degli organismi viventi.
Ci sto provando adesso, da queste pagine virtuali.
Il Professor Concia dice: “Se è vero che, nei grandi ospedali italiani, al 45 per cento dei Pazienti ricoverati vengono somministrati antibiotici, è impensabile che tutti presentino malattie infettive.
In Francia ed in Svizzera, questa percentuale non supera il 25 per cento.
Il problema è che spesso sono prescritti solo a copertura, come fossero semplici disinfettanti, o senza aver chiara la natura della febbre, che può essere anche virale: in questo caso, l’antibiotico fa solo danni”.

Care Mamme, quando il piccolino di casa ha la febbre, anche alta, se le infezioni più pericolose – come la tonsillite da Streptococco ?-emolitico di gruppo A, per esempio – sono state escluse… dare un antibiotico “di copertura” è un non-senso, un ulteriore passo verso la creazione di pestilenziali mutanti, che, spargendosi nell’ambiente e passando di persona in persona, causeranno, prima o poi, problemi davvero gravi, infezioni incurabili di organi profondi (meningiti, setticemie e simili, tanto per capirci!).
Care Mamme, non possiamo sostituirci alle Aziende Farmaceutiche nella produzione di altri, più potenti, antibiotici, non è compito nostro stigmatizzare il comportamento dei Medici perché “dovrebbero fare diversamente”, però… c’è sicuramente qualcosa che è in nostro potere fare: non farci prendere dal panico, evitare che la paura (nostra o degli apprensivi Nonni dei nostri ineffabili frugoletti) ci porti ad iniziare un trattamento terapeutico sbagliato o, quanto meno, intempestivo e controproducente. In caso di febbre, è inutile iniziare una precoce cura antibiotica “per paura delle malattie che il bambino potrebbe avere” ed interromperla dopo due giorni, alla comparsa delle “macchie” tipiche della VI malattia, della varicella o del morbillo… 

Prima di dare qualunque cosa, consultate sempre il vostro Medico di fiducia: se un malato è  talmente grave da non poter attendere qualche ora prima della somministrazione dell’antibiotico, è – quasi sicuramente – un “malato già morto” e la malattia è pressoché incurabile!

Un’ultima raccomandazione: una sindrome para-influenzale sta colpendo molte persone, mentre l’influenza è già in viaggio. Sono tutte malattie virali, che durano, rispettivamente,  pochi giorni e una settimana: sono giorni di febbre, di dolori alle ossa, di muscoli doloranti, di malessere generale. Ma gli antibiotici non sono né antipiretici, né antidolorifici e nemmeno antivirali: agiscono sui batteri. Solo ed esclusivamente.

Foto di CDC in Unsplash

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