Solo il Vento lo sa. Prima parte

“Solo il vento lo sa”: un titolo intrigante per un libriccino che ho trovato nella cappella della mia parrocchia di adozione.

È un libretto consunto, con gli angoli arricciati e la copertina azzurra, un cielo punteggiato da nuvolette: la vecchia edizione di un’opera del salesiano Bruno Ferrero; guardandolo, penso alle persone che lo hanno sfogliato, a quanti, come me, lo hanno letto e ne hanno, magari, tratto conforto o ispirazione per la loro vita.

Le brevi storie qui narrate toccano il cuore, danno vita a tanti pensieri.

L’Umanità ha sempre vissuto “Tempi Duri e Bui”: nella stragrande maggioranza dei casi, le cosiddette “Epoche d’Oro” sono state riconosciute tali solamente a posteriori, quando già erano un puro ricordo, quando – forse – anche coloro che ne erano stati protagonisti ne ricordavano solamente gli eventi positivi.

Ebbene, in questi nostri tempi di grande incertezza, vorrei proporre un paio di queste storie che mi sembrano… davvero adatte!

Bruno Ferrero ci racconta la storia di un Dente di Leone cresciuto in un parco cittadino: giorno dopo giorno, con il Sole e la Pioggia di Primavera, il Fiore si trasformò in un impalpabile Soffione, che il Vento accarezzò, disperdendone i delicati Pappi in una nuvoletta bianca.

“Addio, buona fortuna!”, si gridavano l’un l’altra le delicate piumette congedandosi dalle sorelle e dalla pianta-madre.

La maggior parte di loro finì nell’ampio prato del parco, qualcuna – più vigorosa – cavalcò il vento e raggiunse i campi, ma una – la più piccola e la più fragile, si fermò al limitare del parco, in una fessura del marciapiede, vicino a una panchina.

Incastrata in una minuscolo spazio, la piccola Piumetta si guardò attorno, valutò la scarsità di terra presente nella sua nicchia e pensò: “Caspita, dove son finita! La terra è poca, ma è solo mia, tutta per me: non ci sono altre erbe a contendermi il poco nutrimento. E poi c’è questa struttura così potente accanto a me: se cresco nella maniera giusta, avrò un riparo dal vento… Devo darmi da fare e lavorare sotto l’asfalto con le mie radici”.

Tutti i giorni un Giovane triste e depresso sedeva su quella stessa panchina, meditando sulle sue disgrazie.
Una mattina, vide le due foglioline del piccolo Dente di Leone: preso da un accesso di rabbia le calpestò malamente, gridando: “Tu sei come me, uno scalognato nato! Non ce la farai mai!”, e se ne andò brontolando.

Il giorno successivo, il Giovane tornò ancora a sedersi sulla panchina e il suo sguardo si posò sulla pianticella: con profondo stupore si accorse che le foglioline erano diventate quattro e c’era pure un bocciolo semischiuso!

Si appoggiò allo schienale della panchina e iniziò a piangere, a piangere tutte le lacrime che non aveva mai versato nei mesi precedenti e alla fine, spossato nel fisico ma rinvigorito nell’anima e nei suoi propositi, il Giovane gridò: “Sì, ce la possiamo fare!”.
Con dita tremanti accarezzò la testolina dorata del Fiore: le piante sentono la bontà degli esseri umani e per il piccolo, coraggioso, Dente di Leone la carezza del Giovane fu l’esperienza più bella della vita.

Concludo questa storia con il messaggio dell’Autore, Bruno Ferrero, messaggio che condivido in pieno:

Non chiedere al Vento perché ti ha portato dove sei. Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi. Tu sei un messaggio.
Anche queste piccole storie sono semi portati dal Vento. Dove atterreranno e cosa faranno solo il Vento lo sa.

Dente di Leone

Libero riadattamento da “Solo il Vento lo sa”, di Bruno Ferrero.

Foto di Pixabay, su Pexels.

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