Legno di pino reso d’un bel giallo dorato dal Tempo, incastri angolari a “coda di rondine”, fatti a regola d’arte, vernice lucida e catenaccio di chiusura: la vecchia cassapanca ora è lì, al posto d’onore, nella mia taverna-cantina.
Costruita dallo Zio Silvano – di professione Falegname – in un periodo ormai non più determinabile ma compreso tra il 1945 e il 1960, la cassapanca mi ha seguita per tutta la vita.
Da piccolina, guardavo la Mamma riporvi le coperte e le maglie invernali, debitamente accompagnate dalle immancabili palline di naftalina.
Un po’ più grandicella, insieme ai fratelli, l’utilizzavo come “base” per i nostri giochi: tavolo per il Monópoli, sostegno per la culla delle bambole, piattaforma per lo spiegamento degli eserciti (dei soldatini di plastica) avversari, punto d’appoggio per i fogli sui quali dipingere o scrivere…
Essendo di legno massiccio, la cassapanca è davvero pesante ed è “a tenuta stagna”: né tarme né topi sono mai riusciti a penetrare al suo interno!, e proprio per questo Papà era terrorizzato all’idea che noi bambini potessimo lasciarci cadere il coperchio sulle mani o sulla testa o, peggio ancora, usarla come nascondiglio, rischiando il soffocamento: avevamo – quindi – il Divieto Assoluto di aprirla.
Ogni tanto, la Mamma tirava fuori dalla cassapanca qualcuna delle sue meraviglie: il Termoforo ch’era stato di Nonna (e che Mamma usava per scaldarci le lenzuola in inverno), lo scialle rosa shocking – caldissimo – che io, chissà poi perché!, ritenevo essere appartenuto alla “Regina di Saba”, i ritagli di stoffa con cui cucire i vestitini per le bambole…
E così, tra un Divieto e una Meraviglia, da ragazzina guardavo quel parallelepipedo di legno e sognavo, sognavo di trovarci qualche manoscritto antico, la mappa d’un tesoro dimenticato, le “ultime lettere” di un qualche Antenato ormai defunto o… chissà che altro!
Durante gli anni del liceo, quando tenevo una fitta corrispondenza con dieci “amici di penna” contemporaneamente, mi sedevo a gambe incrociate sulla vecchia cassapanca e, armata di carta da lettere azzurrina e di stilografica, picchiettavo con le dita sul legno, cercando l’ispirazione per tradurre in parole i pensieri del momento. Quante battaglie, nella stessa posizione, ho combattuto con le “versioni” di latino o di greco! armata di vocabolario, leggevo e subito dopo fissavo i “nodi” del legno e cercavo di stamparmi nel cervello e negli occhi le declinazioni o i paradigmi.
Una cassapanca di legno. Un legame con il passato e con la casa di Mamma e Papà… e, infatti, quando mi sono sposata, ho chiesto a Mamma il permesso di portarla con me.
Dotata di una robusto catenaccio per evitare che i nostri pargoli la utilizzassero come nascondiglio, fracassandosi le dita, la testa o morendoci dentro soffocati, Roberto e io l’abbiamo usata anche per riporre i giocattoli comprati in anticipo e destinati alla notte del 13 dicembre.
Dalla casa di via San Giovanni alla casa di via Salieri, la cassapanca ci ha seguiti fedelmente, accumulando al suo interno oggetti e ricordi.
Ora, come dicevo, si trova nella mia taverna-cantina e, da anni, è diventata la CassaPanca del Tempo, il Pensatoio dal quale recuperare il ricordo di avvenimenti lontani, lo Scrigno della Memoria da cui liberare pensieri antichi in modo da far loro vivere una nuova vita.
Qualche mese fa, frugando tra le carabattole contenute nella CassaPanca, ho trovato un foglio ingiallito dall’età che mi ha ricordato la storia di Rita, mia vecchia Paziente, storia che ho provveduto a eternare, raccontandola, su queste pagine virtuali.
In questi giorni, particolari-particolarissimi per tutta una serie di cose, ho ripescato alcuni oggetti, tra cui un libro: ne riparleremo…
Foto di Ashin K Suresh on Unsplash
Carissima dottoressa mi ritrovo quasi alle 7 di mattina a leggere la sua storia della cassa panca del tempo con molto piacere riaccendo tanti ricordi di quando ero bambina ,Io ho due ricordi che mi hanno seguito nel tempo un armadio e una poltrona di mia nonna materna a qui ero legata tantissimo .Per noi è stato un anno duro e pieno di cambiamenti M… è andato a vivere da solo e noi cambiato casa