La vetrina della Pasticceria – oggi – è ricca di colori e di Personaggi: attraverso il vetro un po’ appannato, su una pista di zucchero a velo e fra casette di pan di spagna, vedo l’Asinello di Santa Lucia, il Castaldo e, piccina-piccina, velata e vestita di bianco, la Santa Lucia stessa.
In secondo piano, dietro una montagna di torrone spezzettato, intravedo una Renna e uno straccetto rosso, uno scorcio – sicuramente! – del vestito di Babbo Natale.
Nell’angolo destro della vetrina, in alto, appena visibile, scorgo la Befana, abbarbicata a una scopa di saggina, che a stento regge il peso del gran fagotto che porta…
Il paesaggio sembra tratto da un libro di fiabe: casette di pan di spagna, alberelli di zucchero caramellato, stradine spolverate di zucchero a velo, un lago di cioccolato…
Conosco il giovanotto che prepara queste meraviglie: è un vero Mago dell’Arte Pasticcera! I suoi prodotti non sono – sicuramente – quel che comunemente si definisce “a buon mercato”, ma un quadratino di “quel” cioccolato appaga sicuramente più d’un’intera barretta di cioccolato “molto lattoso e poco cioccolatoso”…
Lattoso, cioccolatoso, zuccheroso… ogni anno, verso la fine di novembre, inizio a pensare a quanto sarebbe bello – e salutare – poter cancellare dal calendario l’intero mese di dicembre e i primi sette giorni di gennaio…
Quand’ero bambina, giocattoli e dolci venivano regalati da Santa Lucia, che, nella notte fra il 12 e il 13 di dicembre, passava per le case, lasciando i suoi doni.
Io ed i miei fratelli preparavamo pane e vino per Santa Lucia e per il Castaldo (chissà se i Bambini di oggi sanno cos’è e cosa fa un “castaldo”….) e una carota per l’Asinello e, nella notte, ascoltavamo – fino a quando il sonno non ci vinceva – ogni più piccolo rumore, lesti a chiudere gli occhi per evitare che la Santa, accorgendosi che non stavamo dormendo, se ne andasse in tutta fretta.
La mattina del 13 dicembre, trovavamo qualche giocattolo (ricordo ancora la trottola ricevuta all’età di – forse – quattro anni: quanto ci giocai!…), un sacchettone di arance, mandarini, noci e arachidi, del torrone, un piccolo vassoio di “frolline di Santa Lucia” e, talvolta, un po’ di cioccolato.
Era, quest’ultimo, cioccolato di ottima qualità, anche perché, in quegli anni, solo questo si trovava nei negozi e, di conseguenza, il “poco ma buono” era un detto assolutamente veritiero.
La mattina di Natale, al risveglio, trovavamo il Presepe: nella notte, Papà e Mamma avevano tirato fuori le statuine e sistemato il tutto.
Vicino alla Culla, non c’erano regali: nessuno – fra i nostri parenti, amici o conoscenti – ne faceva o ne riceveva per il 25 dicembre; Santa Lucia era appena venuta a trovarci e Gesù Bambino portava la Lieta Novella, non pacchi e pacchetti!
Il 6 gennaio, poi, era la Festa dell’Epifania, “con la quale tutte le feste scappan via”, come ripeteva ogni anno il mio Papà.
Era l’ultimo giorno prima dell’inizio del Carnevale, periodo di “stravaganze dolciarie”, di “frítole” e di “sósole” (con entrambe le “s” dure, come in “sasso”), di gnocchi e di scherzi.
Nel frattempo, i dolcetti portati da Santa Lucia venivano covati con gli occhi, centellinati e gustati con grande piacere.
Erano – per noi bambini – “la” festa.
Altre occasioni per ricevere dei giocattoli o dei dolci erano i compleanni, ma se il compleanno era stato “ricco”, la Santa Lucia sarebbe stata “magra”, e viceversa.
Erano dolci di ottima qualità, come dicevo, fatti con ingredienti genuini.
Pochi, ma buoni, appunto.
Con il passare degli anni, purtroppo, le aziende hanno scoperto come rendere appetibili e gradevoli per il palato delle porcherie assolutamente improponibili: uno per volta, hanno cambiato gli ingredienti-base dei dolciumi e del cioccolato, in modo che, nel giro d’una ventina d’anni, del prodotto originale è rimasto solamente il nome.
Contemporaneamente, la pubblicità e i continui riferimenti dei “media” han fatto sì che feste per noi estranee e lontanissime dai nostri usi e costumi venissero in qualche modo infiltrate nelle nostre tradizioni, così da poterci far rifilare ulteriori – inutili – prodotti di consumo.
La prima avvisaglia della “tempesta zuccherina” in avvicinamento si manifesta il 31 ottobre, quando orde di bambini mascherati da improbabili “maghi oscuri” o da vampiri suonano i campanelli delle case chiedendo: “Dolcetto o scherzetto?”.
Siamo ad Halloween, la festa di tradizione celtica, portata negli USA dagli Emigranti provenienti dal Nord-Europa e riconfezionata in veste consumistica.
Una festa davvero satanica, dati gli assalti cariogeni e diabetogeni, che i sacchettoni di caramelle a buon mercato raccolti nelle famiglie causano ai piccoli!
Segue, un po’ a distanza – così pancreas, fegato e denti hanno il tempo di riprendersi un pochetto – la ricorrenza di San Nicola, che nella notte fra il 5 ed il 6 dicembre, porta dolci e regali.
Una settimana dopo, Santa Lucia ed il Castaldo scaricano altre tonnellate di dolciumi dal carretto trainato dal povero Asinello, mentre Gesù Bambino – validamente aiutato da Babbo Natale – attenta alla salute fisica di grandi e piccini con torroni, cioccolato e caramelle.
Un paio di settimane dopo, arriva la Befana, che dà il colpo di grazia alle cellule pancreatiche superstiti riempiendo le calze di grandi e piccini con dolciumi di vario genere.
In questi ultimi decenni, purtroppo, il concetto di “qualità” – pochi ma buoni! – ha ceduto il posto a quello di “quantità”, e ogni occasione è buona per rimpinzarci e avvelenarci, noi ed i nostri bambini!
Ci sono porcherie per tutti i gusti, purtroppo!
Qualche esempio?
Ci sono caramelle “alla fragola” che – leggo in etichetta – contengono “zucchero, sciroppo di glucosio, acidificante: acido citrico, aromi”.
E le “fragole”, dove stanno le fragole delle “caramelle alla fragola”?
Dimenticate.
Le patatine fritte, che spesso partecipano alla composizione del “piatto” di Santa Lucia o della “calza” della Befana, contengono “E621, E627, E631, aromi, E160c, E471, patata disidratata, farina di mais, destrosio, sale…” – contengono, cioè, esaltatori di sapidità, aromi di sintesi, un colorante estratto dalla paprika, emulsionante… e le patate?
Dimenticate pure quelle!
Il cioccolato, per definizione, dovrebbe essere prodotto a partire dai “semi dell’albero del cacao” e da altri ingredienti, in genere di minor pregio.
Il cioccolato artigianale si ottiene dalla lavorazione della pasta di cacao – preparata e imballata come tale nei Paesi in cui l’albero del cacao viene coltivato – con l’aggiunta di altri ingredienti e aromi (naturali!, magari…).
L’industria, invece, si avvale del meno pregiato burro di cacao – cioè la parte grassa dei semi di cacao – cui aggiunge gli scadenti grassi e proteine del latte, zucchero e altro.
Questi “cioccolati molto lattosi e poco cioccolatosi” sono, ovviamente, di bassa qualità, ma, nel mio caso, pongono anche un altro problema: le intolleranze.
Tantissimi dei miei piccoli Pazienti, infatti, non tollerano queste miscele di zuccheri, grassi di scarsa qualità e proteine del latte, e le conseguenze non tardano – purtroppo – a rendersi evidenti: se Giulia ed Andrea hanno sintomi di tipo neurologico (disturbi dell’attenzione, irritabilità, pianti notturni etc), Lucia, Anna e Silvio lamentano un prurito irrefrenabile, localizzato – in genere – alle pieghe di gomiti e ginocchia.
Ogni anno, in questo periodo, ricevo telefonate di Mamme disperate: i Bimbi, che da 7-8 mesi stavano bene, hanno ripreso a grattarsi come scimmie impazzite, mentre Nonni e Zii sembrano farsi un punto d’onore nel dimenticare che le allergie/intolleranze non vanno mai in vacanza e che i “cioccolati molto lattosi e poco cioccolatosi” – checché ne dica la pubblicità – sono assolutamente devastanti.
Il mio sogno?
Contattare il Signor Noè, convincerlo ad affittarmi la sua Arca per almeno un mese, nel periodo di Natale, e scappare in mezzo all’oceano con tutti i miei piccoli Pazienti, in modo da metterli al riparo da tutte le porcherie che la pubblicità propone e che tanti Adulti, assolutamente acritici (e spesso scriteriati), acquistano!
Foto di Andrea Piacquadio in Pexels
Perfettamente d’accordo!
Dài! insieme ce la facciamo! BUON NATALE!