Qualcuno la chiama “Divina Provvidenza”, altri “fortuita (e fortunata) combinazione di eventi” o “fortunata casualità”…
Negli anni, ho molto probabilmente avuto modo di incontrare la Divina Provvidenza diverse volte, spesso senza manco riconoscerla all’istante e rendendomi talvolta conto dell’”incontro” solamente dopo parecchio tempo.
Marzo 1994. Come già raccontato altrove, Roberto (mio marito) e io arriviamo a Kiremba, in Burundi. Un mese dopo, l’aereo con i Presidenti di Ruanda e Burundi a bordo viene abbattuto: inizia la catastrofe umanitaria che passerà alla storia con il nome di “Genocidio del Ruanda”.
Prima della partenza, la nostra Associazione (As.Co.M . – Associazione per la Cooperazione Missionaria con sede a Legnago-VR) aveva raccolto dei fondi: un gruzzoletto di svariati milioni di lire destinati alla “nuova ala dell’Ospedale”.
Una cifra necessaria e sufficiente per acquistare i materiali e pagare le maestranze.
“Una cifra necessaria e sufficiente”. Questo prima della catastrofe del genocidio e prima che, a seguito dell’immissione sul territorio di grandi quantità di denaro da parte di organizzazioni europee, l’inflazione aumentasse in maniera insostenibile.
“Necessaria ma non più sufficiente” solo pochi mesi dopo il nostro arrivo.
E così ci ritroviamo davanti a una scelta improponibile: o comprare il materiale per edificare la nuova ala dell’Ospedale di Kiremba o pagare i muratori…
Roberto e io siamo molto rattristati: l’ospedale necessita di nuovi spazi, mentre – in Italia – quanti hanno partecipato alla raccolta-fondi sperano di vedere che il loro contributo è giunto a buon fine…
Che fare? Tutto e niente! Pensa, pensa, pensa… arriviamo a una conclusione: se il progetto è buono e valido, la Divina Provvidenza che ci ha assistiti fino a quel momento renderà possibile la cosa. In un modo o nell’altro.
E così, nel corso di uno dei nostri viaggi in capitale, il saveriano padre Beppe De Cillia ci parla di un fantastico progetto lanciato dall’Ambasciata del Belgio in Burundi per aiutare la popolazione: “Food for Work”.
In altre parole: se un europeo presenta un progetto in qualche modo utile per la popolazione, si assume la responsabilità della sua realizzazione e porta regolarmente le fotografie dello “stato avanzamento lavori” all’ambasciata stessa, può ricevere qualche camion di riso!
Il riso, una delle componenti principali della cucina burundese!
E così Roberto e il poliglotta capo-officina Nassibu preparano una relazione per l’Ambasciata del Belgio, corredandola anche dei bellissimi disegni tecnici portati dall’Italia. Nel giro di pochissimo tempo, riceviamo la buona notizia: il progetto è stato approvato!
Roberto e Nassibu* convocano gli “Chefs des Maçons” – i Capi-muratori – rigorosamente ed equamente divisi in Hutu e Tutsi, seguono discussioni e trattative e, alla fine, il salario viene concordato: 2 chilogrammi di riso per una giornata di lavoro. Detto così, sembra una miseria ma, all’epoca e in “quella” situazione, era una super-paga, ve lo garantisco!
E così i lavori iniziano: gli scavi, i muri, il tetto e… tutto quel che c’è in mezzo!
Hutu e Tutsi, che solo pochi mesi prima si erano scannati a vicenda in occasione del colpo di stato del 21 ottobre 1993, lavorano insieme, di buona lena.
I lavori procedono, velocissimi.
E Roberto scatta foto su foto, che ogni poche settimane facciamo sviluppare e recapitiamo all’ambasciata, a Bujumbura, riportando a Kiremba il camion carico di sacchi di riso.
Ogni settimana, i muratori riscuotono la loro paga, anche se, spesso, sono le loro mogli o madri a ritirare i sacchetti di riso, prima che gli uomini li barattino con un casier di Primus, una cassetta – cioè – di birra locale.
Anche per queste donne quell’ottimo riso ha le caratteristiche d’un intervento della Divina Provvidenza: prima un lavoro per togliere gli uomini dall’equivalente della nostra osteria e poi una paga in cibo che si può convertire in alimento o scambiare con altri generi di prima necessità!
Mi chiedo ancora quante volte la Divina Provvidenza sia silenziosamente intervenuta nella mia vita. Senza farsi sentire. Senza farsi notare. Senza clamore: contribuendo, semplicemente, a dare un nuovo corso agli eventi.
Spero che non si stanchi mai: le cose da fare sono ancora tante, anche in Italia!
*Quando l’ho conosciuto, Nassibu parlava perfettamente 5 lingue: il kirundi, lo swahili, l’inglese, il francese e l’arabo. Ho avuto l’onore di insegnargli la sesta, l’italiano!
Crediti fotografici – Brett Sayles
Ciao dottoressa un grazie grande quanto il mondo , un saluto e un abbraccio forte Mariarosa e Giuseppe
Che grande donna è lei dottoressa ! Felice di averla incontrata e questo per me, è un segno della Divina Provvidenza! Grazie Sara.
Grazie! 😉
Non avevo dubbi che la dottoressa Adami Teresa fosse una grande donna ,anch’io ho avuto la fortuna di incontrarla nella bottega di mio fratello e da subito ho sentito di avere di fronte una persona speciale,sia umanamente che professionalmente.Grazie Teresa Cristina
Grazie, Cristina!
Ragazze, mi fate arrossire!