Qualche giorno fa, la CassaPanca del Tempo mi ha restituito un libro che credevo perduto, un libro cui ho pensato molto negli ultimi cinque anni: “Io e la Mamma”, di Kathryn Forbes.
È un libro che ha davvero segnato la mia infanzia, in senso positivo, e per questo desidero parlarne.
Ambientato negli Anni Venti del secolo scorso e pubblicato nel 1943, “Io e la Mamma” è stato scritto da Kathryn Forbes, pseudonimo di Kathryn McLean (nata Anderson), racconta le vicende di una famiglia americana di origine norvegese.
Il romanzo è ambientato a San Francisco, dove l’Autrice è nata, nel 1908, e morta, nel 1966.
Si tratta di storie semplici, narrate con stile ironico, semplice e… gentile!
Kathryn Forbes o Katrin, come viene chiamata nel libro, racconta, per esempio, di quando la Mamma, non potendo comprarle “il completo da toelette di celluloide” lo prese dando in cambio al venditore la sua spilla di famiglia (e di come Katrin, saputolo, corse dall’uomo, riportandogli il sognato “completo” e riprendendosi la spilla) o di quando la Mamma rinunciò a un (necessario!) cappotto nuovo per comprare “il corso completo per diventare infermiera” per la figlia Christine.
Parlando in prima persona, Katrin ci racconta del (catastrofico) fidanzamento del fratello Nels, studente di Medicina, con una ragazza di “alta classe sociale”, e della rottura dello stesso; ci rende partecipi del suo desiderio di bambina di “diventare una scrittrice”; ci spiega come la Mamma, occupatissima con quattro figli da crescere e faccende domestiche, arrotondasse le entrate familiari affittando una stanza.
Lo ripeto: Kathryn Forbes descrive un mondo semplice, fatto di persone semplici, con aspirazioni semplici e sogni semplici, che, proprio perché tali, sono condivisibili da parte di chiunque, ma a me ha dato tanti spunti di riflessione, sia quand’ero ragazzina, sia, in questi giorni, quando ho riletto il suo bellissimo libro.
Uno dei capitoli del romanzo affronta il tema della “sicurezza”: Katrin afferma che, quando il bilancio familiare sembrava non quadrare a causa delle “spese impreviste” (un paio di scarpe da risuolare, una visita dal dottore o altro), la Mamma sospirava: “Vediamo se ce la facciamo… casomai… c’è sempre il mio conto in banca cui attingere…”.
In ogni situazione, immancabilmente, le cose si sistemavano e il “Conto della Mamma” restava, intaccato, in banca.
Divenuta adulta, Katrin ricevette un assegno come pagamento per un racconto pubblicato su una rivista: consegnandolo alla Mamma, le fece notare d’averlo già girato a suo nome, “Sì, Mamma. È per il tuo conto in banca”. E la Mamma rispose: “Katrin, io non ho nessun conto in banca; in tutta la mia vita, io non sono mai entrata in una banca…”. Alla figlia, ammutolita e sbalordita, che la guardava con aria interrogativa, disse semplicemente: “Non è bene che i piccoli abbiano paura, che si sentano insicuri…”