“Canarini” & dintorni

C’era una volta la Casetta, una costruzione bassa e un po’ isolata dalle altre, che ospitava l’Ambulatorio delle Malattie Infettive presso l’Ospedale di Borgo Trento, uno dei nosocomi veronesi.
Era un posto un po’ triste, popolato soprattutto da Persone affette da AIDS ed epatite, ma era “portato avanti” da una squadra di Infermieri e di Medici davvero fantastici…. oddio, veramente anch’io facevo parte del gruppo e non dovrei, quindi, essere io a definire “fantastica” la simpatica ed eterogenea combriccola di personaggi che trascorrevano buona parte del loro tempo alla Casetta, comunque…
Eravamo là a vario titolo: qualcuno di noi era regolarmente assunto come Medico o come Infermiere, altri – come me – frequentavano in qualità di Studenti o di Specializzandi.

Alla casetta-ambulatorio, c’era pure “la Caposala”: negli anni della mia frequentazione, ho avuto modo di conoscerne due, la mitica Signora Giuseppina – Giusy per gli amici – e l’ineffabile Suor Lia. Da entrambe ho imparato molto, moltissimo, ed ho un debito di riconoscenza nei loro confronti.  
Estate o  inverno che fosse, io arrivavo in ospedale guidando una Vespa 125: in estate, il casco era un po’ “soffocante”, ma il disagio peggiore era dato dal freddo pungente dell’inverno, con temperature che, al mattino, secondo il termometro della Popolare, piazzato al Saval, toccavano i -12°C.
Arrivavo alla Casetta con un po’ di brina sulla giacca e tanta voglia di bere qualcosa di caldo: a quel punto, entravano in azione i caffè della Signora Giusy o, negli anni successivi, i “canarini” di Suor Lia.
Suor Lia metteva un limone intero (ben lavato!) in un pentolino d’acqua e faceva bollire il tutto per qualche minuto, aggiungendo solo alla fine un po’ di zucchero. Era una bibita dolce e calda, gialla come il sole dell’estate: scaldava il cuore e lo spirito, oltre che le mani intirizzite!

Molto tempo dopo, parlandone con la Signora Rosetta, mi sentii proporre una variante, che, secondo la mia Amica, era ottima per “tosse-catarro-influenza”: per qualche anno, durante l’inverno, la preparai per me stessa e per i miei bambini, poi…..la lasciai nel dimenticatoio….
L’ho riscoperta e rispolverata recentemente, quando me ne ha parlato Alessandra, la Cugina Naturale – così nominata perché, vegetariana convinta, è attentissima all’alimentazione e “a tutto ciò che fa bene”, che l’ha trovata, quasi identica, in uno dei libri della Dottoressa Domenica Arcari…. 

È proprio vero: gira e rigira, le ricette valide e le cose buone sono valide e buone attraverso lo spazio e il tempo!

Ecco, quindi, la ricetta del CANARINO ALLA CAMOMLLA:
-250 cc d acqua
-la scorza di un limone non trattato con pesticidi (usate il pelapatate, in modo da staccare solo la parte gialla, quella più esterna)
-il contenuto di una bustina di camomilla (la bustina stessa, spesso di carta trattata chimicamente, è meglio non usarla)

Si mettono nell’acqua la scorza del limone ed i fiori di camomilla, si porta ad ebollizione e si lascia bollire piano per 3 o 4 minuti.
Si filtra e si aggiungono un paio di cucchiaini di miele. Si può bere “d’un fiato” o a piccoli sorsi durante la giornata.
La “VARIANTE SPEZIATA” prevede, oltre al limone ed alla camomilla, l’uso di 4-5 chiodi di garofano.

Ed ora, con questa ricetta “solare” e calda, Vi saluto ed auguro a Tutti Voi ed alle Persone che amate un Natale sereno nella gioia del Bimbo che anche quest’anno nascerà per tutti noi!

 

 

Limoni con spremilimoni

Foto di Foto di Pixabay in Pexels

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