“La Viaggiatrice guarda le punte dei suoi stivali: di pelle, di un caldo marrone chiaro in origine, ora piuttosto rovinati. Nonostante li abbia ingrassati con cura, mostrano i segni del tempo. Di Padre Tempo e dei chilometri percorsi.
Ha realizzato il suo sogno di bambina: fare il giro del mondo. A piedi. Lavoricchiando qua e là per pagarsi un biglietto ferroviario o aereo, aiutando a caricare i treni-merci per farsi dare un passaggio e, soprattutto, macinando chilometri su chilometri a piedi.
Zaino in spalla, accompagnata dal suo amato Bobi, un cagnone nero, di razza indefinita, tanto grande quanto buono e paziente, è partita.
La Viaggiatrice guarda gli scalini della sua vecchia scuola: in cinque anni, quante volte è entrata salendo quella scala di pietra? Lo sguardo si posa sulla ‘S’ di ‘Scipione’: toh, guarda, non pende più! È stata sistemata! E poi torna a fissarsi sugli stivali: potrebbe farli tingere. Un bel colore scuro potrebbe coprire le cicatrici, pardon: i ‘segni’ del cammino percorso…
Nel suo lungo giro intorno al mondo, la Viaggiatrice ha visitato luoghi remoti, ha imparato lingue nuove, condiviso esperienze ed emozioni con tante persone diverse, sentendosi ‘a casa’ praticamente ovunque.
Anche senza parlare.
Una mattina, guardandosi intorno, s’è chiesta come fosse cambiata – in tanto tempo – la città che l’aveva vista ragazzina, la scuola in cui aveva trascorso ben cinque anni della sua vita, la gente che aveva conosciuto ‘prima’. Presa da una subitanea vertigine, ha risentito il profumo dei bomboloni di Piazza delle Erbe e l’aroma dolciastro dell’incenso che ristagnava, al mattino, nel vicoletto che fiancheggiava il negozio ‘Cina-Asia’ nella stessa piazza: in un attimo, ha deciso ch’era il momento di rivedere i ‘suoi luoghi’, di ‘tornare’.
Ed eccola qui: scesa ‘al volo’ dal treno che l’ha riportata a casa dopo tanto tempo, ha avuto una sorpresa. Un’amara sorpresa.
Avrebbe voluto chiacchierare con i passanti, scambiare due chiacchiere con il titolare della vecchia latteria, là dove – prima di entrare in classe, ogni mattina – comprava un panino e mezzo litro di latte, salutare il gestore del bar all’angolo tra via Massalongo e corso Sant’Anastasia.
Avrebbe voluto, ma… Nessuna delle persone cui ha rivolto la parola sembra comprenderla: la Viaggiatrice, ormai, parla una lingua che gli altri non capiscono!
Nonostante il sole, fa piuttosto freddo: non ci sono molte persone in giro, ma tutte vanno di fretta e non hanno né il tempo né la voglia di cercare di capire cosa dice la strana Viaggiatrice accompagnata dal Cane Nero…”
È un sogno di tanti anni fa: il particolare degli stivali mi consente di collocarlo nella prima metà degli Anni Ottanta. Gli stivali. Già. Ero davvero affezionata a quegli stivali e, dopo averli praticamente usurati, fatti risuolare almeno un paio di volte, li ho fatti tingere di blu, consentendo loro un altro paio d’anni di vita dignitosa.
Un vecchio proverbio cinese recita: “Attento a ciò che desideri: potresti anche ottenerlo!”.
Io direi che dovremmo stare attenti anche ai nostri sogni: potrebbero, nostro malgrado, avverarsi.
Come è accaduto a me.
I miei vecchi stivali sono spariti da decenni; anche Bobi non esiste più da un pezzo: uscito di casa durante un temporale, non ha più fatto ritorno.
Mi è rimasto il ricordo di questo strano sogno, che si è trasformato in realtà.
Non ho ‘girato il mondo a piedi’, ma, sicuramente, ho fatto ‘tanta strada’ in senso fisico e in senso figurato. Ho davvero toccato con mano realtà lontane e conosciuto persone straordinarie, condividendo con loro un pezzetto del mio cammino. Ho vissuto sulla mia pelle la guerra e l’ingiustizia, ho sorriso con i bimbi e condiviso idee e pensieri ch’era inutile esprimere a voce alta.
Ho conosciuto un mondo completamente diverso da quello in cui sono cresciuta, imparando ciò che i libri di scuola non hanno potuto darmi. Ma ora (quasi) nessuno sembra più comprendere – o voler comprendere – ciò che dico.
Peccato. Per loro.